Fabio Privitera Official Forum

CINEMA, interviste interessanti

« Older   Newer »
  Share  
hanjalou
view post Posted on 21/1/2008, 21:34




JACK NICHOLSON

Fulvia Caprara - inviata a Cannes


Un uomo piccolo, tarchiato, che se ne frega della linea. Eppure quando si toglie gli occhiali neri e concentra lo sguardo mefistofelico sull'interlocutore, Jack Nicholson, 70 anni di genio e sregolatezza, film leggendari e vita spericolata, diventa assolutamente irresistibile.
Anche adesso che, stiracchiandosi, risponde a chi gli chiede se è stanco, «no, sono vecchio». Nel suo ultimo film The bucket list, in arrivo sui nostri schermi venerdì con il titolo "Non è mai troppo tardi", è un detestabile miliardario che si ammala di cancro e decide, grazie all'incontro con Morgan Freeman ricoverato con lui in ospedale per lo stesso motivo, di usare l'ultimo periodo di vita per fare le cose che non ha fatto ma avrebbe sempre voluto fare. Calvo, con una vistosa cicatrice sulla testa, sfiancato dalla chemioterapia,
per metà del film a letto, alle prese con aghi e cannule, Nicholson è ancora una volta odioso e affascinante, cinico e toccante, perfido e ridicolo.

Di recente è stato ricoverato in ospedale per un intervento alla gola,
quanto le è servita l'esperienza personale sul set di questo film?

«La mia operazione è stata una piccola cosa, eppure, siccome non ero mai stato malato in quel modo, non mi era neanche mai capitato di passare tanto tempo a letto, privo di autonomia, con le infermiere che ti vengono a svegliare di notte per darti le pillole, limitato in tutto, sapendo che se ti viene a trovare una signora l'unica cosa che puoi fare con lei sarà al massimo mangiare un gelato. Comunque sì, ho usato qualcosa della mia esperienza per il personaggio di The bucket list, ma la ragione per cui ho accettato di fare il film era la componente avventurosa. A me piace molto essere avventuroso».

Che rapporto ha con l'idea della morte?
«Credo che il motivo per cui tutti la temiamo sia perché è qualcosa che non conosciamo, qualcosa davanti a cui non possiamo esercitare il nostro diritto di scelta. Anche la vecchiaia è così, ci arrivi lentamente e devi chiamare a raccolta tutte le tue energie per non esserne travolto. Se non riesci a fare questo, finisci per perdere le persone che hai intorno e ti ritrovi solo e depresso».

Lei ha compiuto settant'anni, lavora a pieno ritmo, è una star amatissima in tutto il mondo, nel suo caso problemi del genere sembrano lontani...
«Quando ero in ospedale mi ha molto colpito vedere persone ricoverate completamente sole, la storia del film mi ha fatto riflettere.
Comunque nella vita ci sono sempre cose che non si fanno e che si rimpiange di non aver fatto. Per me andare avanti significa averne sempre una che vuoi assolutamente fare il giorno dopo».

Le è mai pesata la celebrità?
«No, ma è una cosa che ancora oggi non riesco a spiegarmi. Così come mi è ancora molto difficile ignorare cose scritte sul mio conto che con me non hanno niente a che fare. Mi è capitato di stare in un museo, rapito davanti a un quadro di Van Gogh, di vedere gente che mi riconosceva e mi chiedeva di farsi fotograre al mio fianco.
Insomma, invece di guardare Van Gogh, guardavano me che lo guardavo, vi rendete conto?».

Lei è anche sceneggiatore, ma è un aspetto della carriera che ha
sempre lasciato in ombra, perché?

«Sì, lo sono stato anche per The bucket list, ma non mi piace parlarne, così come non amo andare in tv, né farmi vedere troppo in giro, né parlare di continuo con i giornalisti.
Se un attore non è circondato da un certo mistero, finisce per non funzionare. Se di lui si sa tutto, non sarà più credibile nei personaggi che interpreta».

Oltre che recitare e scrivere, ha anche diretto film, non ha voglia di
continuare su quella strada?

«Quando si fa la regia si ha tutta la responsabilità di un film, da attore si può essere un po' più defilati, ci si può concentrare di più».

Qual è il segreto per rimanere sempre sulla cresta dell'onda?
«Continuare ad avere sempre la stessa voglia di fare questo mestiere che si aveva all'inizio, e poi essere profondamente innamorati del cinema.
Io lo sono, e come me lo è, ad esempio, Dustin Hoffman».

Quindi lei non annuncerà mai, come hanno fatto altri suoi colleghi, di
voler smettere di recitare
.
«Nel mio lavoro questo genere di dichiarazioni sono assolutamente superflue.
Se ricevo una bella sceneggiatura e voglio farla, la faccio.
Se non voglio, non la faccio.
Punto e basta».






 
Top
0 replies since 21/1/2008, 21:34   121 views
  Share